Traffico di droga in carcere, indagata anche un’avvocata di Udine

Le indagini sul traffico di droga nel carcere di Padova.

Un intricato intreccio di traffico di droga tra le mura del carcere Due Palazzi di Padova. Secondo le indagini a gestirlo era un detenuto, già condannato all’ergastolo per un duplice omicidio, insieme ad altri detenuti e addirittura con la complicità di un’avvocata di Udine.

L’indagine, chiusa recentemente dal pm padovano Benedetto Roberti, ha portato all’identificazione di otto indagati, tutti tranne uno già trasferiti in altri penitenziari italiani. La peculiarità di questa operazione criminale risiede nell’utilizzo di strumenti informatici e comunicativi per coordinare il traffico. Secondo l’accusa, i detenuti usavano una serie di piattaforme, tra cui Skype e Messenger, per mantenere contatti con il mondo esterno e orchestrare la consegna di sostanze stupefacenti. Le chiavette USB nascoste dietro i battiscopa e nelle mura delle celle servivano per trasferire dati e coordinare le operazioni.

Secondo l’accusa l’avvocata udinese, difensore di fiducia dell’uomo e compagna di un altro detenuto, avrebbe introdotto ingenti quantità di hashish all’interno del penitenziario, usufruendo del suo ruolo e dell’assenza di controlli durante i colloqui con i clienti. La perquisizione delle celle dei principali indagati ha portato al sequestro di dispositivi informatici e di comunicazione, rafforzando le prove a carico degli accusati.

Il 12 novembre 2022, la perquisizione nella cella dell’uomo che gestiva il traffico ha rivelato l’esistenza di un pc, una chiavetta USB, un adattatore, una pen drive con auricolare e microfono. Nello stesso giorno è stata perquisita anche la casa del detenuto, portando al ritrovamento di un panetto da 500 grammi di hashish. L’uomo ha confessato che la droga avrebbe dovuto essere consegnata all’avvocata per essere “recapitata” in carcere il giorno del colloquio.

L’indagine, iniziata nel 2022, ha visto la collaborazione di varie procure, tra cui la Direzione distrettuale antimafia di Venezia, la procura di Treviso e la Dda di Trieste. Ulteriori elementi sono emersi dalle intercettazioni ambientali condotte direttamente nel carcere.