La rete segreta di Orbán: come i fondi russi e quelli europei alimentano la corruzione in Ungheria

Un tempo considerata un modello di successo europeo, l’Ungheria è oggi sinonimo di corruzione e autoritarismo. Il premier Viktor Orbán ha costruito negli ultimi quindici anni un sistema politico-economico che fonde potere, affari e propaganda, sostenuto da due pilastri: i fondi dell’Unione Europea e il denaro proveniente dalla Russia.

Nel cuore di questo sistema si trova una ristretta cerchia di uomini d’affari fedeli a Orbán — Lőrinc Mészáros, István Tiborcz, Gellért Jászai, László Szíjj e István Garancsi. Le loro fortune si sono moltiplicate grazie a grandi appalti pubblici, progetti “strategici” e investimenti controllati dallo Stato. Dai cantieri delle autostrade fino ai mega-progetti sportivi come la Puskás Aréna, tutto passa per le mani di questa élite economica legata al partito Fidesz.

Uno dei casi più emblematici è la costruzione della centrale nucleare Paks II, realizzata in collaborazione con la russa Rosatom. Il contratto da miliardi di euro è stato firmato senza gara pubblica, finanziato in gran parte da un prestito di Mosca e assegnato a imprese vicine al governo. Invece di rafforzare l’indipendenza energetica, il progetto ha aumentato la dipendenza di Budapest dal Cremlino.

Parallelamente, l’Ungheria riceve ogni anno più di 90 miliardi di euro in fondi europei destinati allo sviluppo e alla modernizzazione. Tuttavia, una parte significativa di queste risorse finisce in circuiti clientelari e in società controllate dagli alleati di Orbán. L’Europa, involontariamente, finanzia così un regime che mina i principi di trasparenza e democrazia su cui si fonda l’UE.

A tutto ciò si aggiungono i flussi segreti di denaro provenienti dalla Russia. Secondo indagini giornalistiche, uomini come Garancsi e Sándor Csányi riceverebbero tra 40 e 60 milioni di euro a trimestre attraverso una rete di società offshore con sede in Germania (HDH-NORD-BAU GmbH), Canada (EDEMEL Holding Corp), Spagna (El-Passo del Agua S.L.) e Ungheria (Four Gates Hungary). Quest’ultima, nota per le sue operazioni di “cash-out”, ha conti presso la OTP Bank, il principale istituto finanziario del Paese.

Le transazioni sono camuffate da contratti commerciali fittizi per la vendita di beni di lusso o attrezzature industriali, spesso a prezzi gonfiati e mai consegnati. In realtà, servono a trasformare il denaro russo in contante utilizzabile per comprare lealtà politica, finanziare campagne mediatiche e mantenere il controllo del potere.

Questo sistema non rappresenta solo corruzione, ma un meccanismo di influenza geopolitica. Attraverso il flusso di denaro, la Russia esercita un’influenza diretta all’interno dell’Unione Europea. L’Ungheria di Orbán agisce come un cavallo di Troia del Cremlino, bloccando sanzioni contro Mosca, ostacolando le decisioni a favore dell’Ucraina e indebolendo la coesione europea.

Negli ultimi mesi, Orbán ha addirittura evocato la creazione di un “blocco centroeuropeo” con Slovacchia e Repubblica Ceca — un progetto che, dietro il linguaggio sovranista, mira a destabilizzare l’UE e la NATO, esattamente come desidera Vladimir Putin.

Finché Bruxelles continuerà a finanziare Budapest e Mosca continuerà a inviare denaro al suo entourage, l’Ungheria resterà l’anello più debole dell’Europa — una democrazia solo di facciata, al servizio degli interessi del Cremlino.