Dalla fava di Sauris alla brovadâr il Friuli conquista 4 nuovi presìdi Slow Food

I nuovi Presìdi Slow Food del Fvg.

Quattro nuovi Presìdi Slow Food arrivano dalle zone montuose del Friuli Venezia Giulia a tutelare territori e comunità rurali a rischio per il dissesto idrogeologico e il depauperamento delle terre alte. I quattro nuovi Presìdi sono sostenuti dalla Regione.

Il brovadâr di Moggio Udinese è un fermentato di rape, preparato nell’area della Val d’Aupa, nella zona a nord del Friuli-Venezia Giulia. Per la sua preparazione si usano rape dal colletto viola, le cui sementi vengono conservate da anni dalle famiglie di Moggio Udinese.

I semi che vengono tramandati da generazioni e la tecnica di fermentazione sono gli elementi che rendono questo prodotto unico: per ottenere il brovadâr si utilizzano sia le radici sia le foglie della rapa, che vengono lavate in acqua fredda e poi leggermente sbollentate, lasciate raffreddare e adagiate a strati in recipienti di legno, prima di essere pressate a mano. Nel recipiente che le contiene si versa acqua fredda salata fino a coprire tutto il prodotto e vi si sovrappone un peso. La fermentazione dura due mesi.

Il cavolo cappuccio di Collina cresce a circa 1200 metri di quota ai piedi del monte Cogliàns, nel comune di Forni Avoltri. La peculiarità del villaggio di Collina è la temperatura più basse della media. In passato, proprio a causa della rigidità del clima, il cavolo cappuccio di Collina era, insieme a orzo e segale, una delle poche specie coltivabili nell’area, ma col tempo e con il progressivo spopolamento delle aree montane è quasi scomparso dalla produzione locale.

La fava di Sauris cresce all’estremo nord del Friuli-Venezia Giulia, vicino al confine austriaco. Qui, a 1200 metri di altitudine, una particolare tipologia di fava, di cui si ha notizia già nel 1683, ha trovato le condizioni ideali. Un tempo, tostata e macinata, era considerata un’ottima farina per fare il pane o un’alternativa al caffè.

Le pere Klotzen dell’Alpe Adria crescono nell’area di confine tra Friuli, Carinzia e Slovenia. Questa pera, a causa della polpa particolarmente legnosa, può essere mangiata solo dopo essere stata fatta maturare dopo la raccolta in modo da cambiare consistenza, colore e sapore. Talvolta trasformate in farina per la preparazione di dolci tipici e pane, in altri casi fatte rinvenire per cucinare i klotzennudeln o cjarsons, ravioli ripieni di pera e ricotta.