Il barista, la gelateria, il ristorante e la libreria: Udine cerca di riprendersi la sua normalità

In centro a Udine il primo giorno della fase 2.

La fase due in centro a Udine ha il sapore di una coda fuori dal bar. E poco importa che quella gente sia in attesa per effetto delle misure anti-contagio, nate per creare ordine nel disordine del coronavirus. Il popolo del caffè si dispone in fila, cercando di riappropriarsi del suo rito. “Abbiamo riaperto e cerchiamo di dare una parvenza di normalità, ma serve chiarezza nelle ordinanze e nelle misure da adottare”, dice Stefano Benedetto, titolare di Grosmi in piazza San Giacomo a Udine.

La soluzione che hanno scelto per riaprire e tornare a servire i clienti è quella di un tavolino all’ingresso dove fare le ordinazioni senza entrare nel locale. “Per il momento ci hanno permesso di riaccendere la luce, ma è tutto fermo e non ci sono certezze per il futuro”, prosegue Benedetto.

Si entra uno alla volta, invece, alla Baita di via dell’Erbe. Come negozio alimentare non ha mai chiuso durante questa quarantena “ma gran parte dei clienti che abbiamo fuori Udine non siamo riusciti a servirli, con il divieto ad allontanarsi dal proprio comune”, racconta Davide Tosoni. “Ci siamo organizzati per fare delle consegne, ma non è la stessa cosa. E anche sull’ordinare online per la nostra attività non sono molto convinto. I prodotti che abbiamo la gente deve vederli e provarli”, spiega.

Chi è riuscito a separare l’ingresso dall’uscita è la gelateria Luna di via Cavour. Da sabato sono tornati a produrre i loro gusti e a riempire le vetrine, ma per quasi due mesi è stato il fermo totale. “Ci hanno dato i 600 euro, ma ne abbiamo dovuti spendere 750 per riaprire secondo le misure di sicurezza. È assurdo – dice Marco Pregnolato, che gestisce la gelateria con la sorella Paola -. Si lavora da una vita, l’attività va bene, ma queste cose ti fanno rimettere in discussione tutto”.

Alla libreria Moderna sono aperti ancora dal 14 aprile, ovvero da quando il decreto glielo ha concesso. “Abbiamo continuato, comunque, ad offrire il servizio a domicilio che avevamo attivato durante la quarantena”, dice il responsabile Remo Politeo. Com’è cambiato il rapporto con i clienti in questo periodo? “Alcuni ci scrivono per chiederci consiglio sulle letture. E c’è voglia di leggere libri diversi da quelli a cui si è abituati in genere”.

Chi riesce a mantenere l’ottimismo, nonostante il periodo, è il ristorante Banshi di via Poscolle. “Il nostro fatturato è cresciuto del 30 per cento durante la quarantena – confida il titolare Bledar Zhutaj – e abbiamo anche assunto personale. Probabilmente per i ristoranti tradizionali sarà dura tornare alla normalità ancora per un po’, ma si può rimediare con l’asporto e le consegne a domicilio”. Banshi sta anche per attivare un servizio su misura, che prevede l’arrivo di un cameriere a casa a disposizione del cliente per servire direttamente il sushi a tavola.