Aggressione al Pronto Soccorso di Monfalcone: infermiera colpita da un paziente

Nuova aggressione al pronto soccorso di Monfalcone.

Ancora un’aggressione ai danni di un’operatrice sanitaria. È accaduto nel Pronto Soccorso dell’Ospedale di Monfalcone, dove un uomo — già noto per episodi precedenti — ha colpito con un calcio e graffiato un’infermiera in servizio. L’aggressore è stato arrestato, ma la paura resta alta. La vittima, visibilmente scossa, teme che l’uomo possa tornare a farsi vedere in reparto, innescando nuove situazioni di pericolo.

UIL FPL, CISL FP e NURSIND Friuli Venezia Giulia hanno preso una posizione netta e unanime: “Non possiamo più permetterci di restare immobili di fronte alla violenza nei confronti del personale sanitario”. Le sigle denunciano una realtà che si fa sempre più insostenibile per chi lavora in prima linea, tra turni massacranti, carenze di personale e un’escalation di aggressioni verbali e fisiche. “A parole siamo tutti d’accordo nel tutelare chi cura – dichiarano i sindacati – ma nei fatti, le misure restano insufficienti. Servono interventi immediati e concreti”.

I numeri.

Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-Sanitarie (ONSEPS), nel 2023 si sono registrati oltre 16.000 episodi di aggressione, che hanno coinvolto quasi 18.000 operatori. I pronto soccorso e i reparti di degenza sono gli ambienti più colpiti, con un incremento del 38% negli ultimi cinque anni. Il Friuli Venezia Giulia non fa eccezione: anche qui gli episodi si moltiplicano, generando paura, stress, demotivazione. A pagare il prezzo più alto è chi ogni giorno si prende cura degli altri.

Le richieste: strumenti, formazione e tutele

Le tre sigle sindacali avanzano una piattaforma di richieste articolate, per affrontare in modo strutturato il problema:

  • Aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), con l’inclusione esplicita del rischio aggressione.
  • Valutazione e adozione di strumenti di autodifesa non letali, selezionati con il supporto di esperti di sicurezza.
  • Formazione obbligatoria e ripetuta per il personale autorizzato, incentrata su tecniche di de-escalation e uso corretto degli strumenti.
  • Procedure aziendali chiare sulla gestione, custodia e responsabilità legale degli strumenti di difesa.
  • Potenziamento della vigilanza e dei sistemi di allarme, insieme a supporto psicologico e tutela legale per i lavoratori aggrediti.

“Chi cura non può lavorare nella paura”

“Non vogliamo soluzioni improvvisate – concludono Stefano Bressan (UIL FPL FVG), Luca Petruz (NURSIND FVG) e Nicola Cannarsa (CISL FP FVG) –. Servono protocolli chiari, strumenti adeguati, formazione e responsabilità condivise. Le istituzioni e le aziende devono agire subito. La sicurezza di chi cura è una priorità. L’indifferenza, oggi, sarebbe complicità”.

Con questa presa di posizione, i sindacati lanciano un appello forte non solo alle direzioni sanitarie, ma anche alla politica regionale e nazionale: la sicurezza degli operatori sanitari non può più attendere. Ogni giorno di ritardo può significare un nuovo episodio, una nuova ferita, una nuova paura. E un sistema sanitario sotto assedio rischia di perdere anche chi continua a lottare per tenerlo in piedi.