Tra i clienti, ignari della frode, anche delle persone residenti a Udine e Gorizia.
Arriva anche in Friuli l’indagine della Guardia di finanza di Treviso che ha scoperto scoperto un’impresa dell’hinterland trevigiano che ha illecitamente ottenuto crediti d’imposta per 2,2 milioni di euro, derivanti dall’agevolazione fiscale cosiddetta “bonus facciate”, introdotta dalla legge di bilancio 2020, la quale permetteva di accedere a una detrazione fiscale del 50% per lavori di ristrutturazione sulle facciate esterne degli edifici. La frode, particolarmente estesa, ha coinvolto anche residenti della provincia di Udine e Gorizia, inconsapevoli di essere stati utilizzati per finalità illecite.
I quattro soggetti ritenuti responsabili della frode, un italiano e tre stranieri, tutti titolari di imprese edili, sono stati denunciati alla locale Procura della Repubblica, in concorso, per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Il solo amministratore di nazionalità italiana della società trevigiana è stato anche segnalato per reati tributari.
Le indagini.
Le indagini sono state avviate a seguito dell’approfondimento di alcune segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio che riguardavano la società edile trevigiana, le quali hanno indotto i finanzieri del Gruppo Treviso ad iniziare una specifica attività investigativa che ha portato alla luce la complessa frode architettata dagli indagati.
Per compiere l’illecito, gli indagati hanno simulato lavori di ristrutturazione delle facciate delle abitazioni di 24 persone, residenti tra le province di Belluno, Bologna, Gorizia, Massa Carrara, Padova, Pisa, Potenza, Rimini, Roma, Torino, Vercelli, Verona, Vicenza, Udine, ignare di essere state utilizzate per le illecite finalità dell’azienda trevigiana.
Gli “ignari clienti”, sentiti come testimoni, hanno invece negato di aver mai conosciuto o concluso accordi con gli indagati, disconoscendo totalmente anche le informazioni riguardanti i presunti lavori edili su cui era stata richiesta l’agevolazione “bonus facciate” presenti nel loro “cassetto fiscale” – consultabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate.
Il falso credito e l’incasso.
Così facendo, gli indagati hanno creato il falso presupposto sul quale ottenere il credito, successivamente monetizzato dall’azienda trevigiana attraverso la cessione diretta a Poste Italiane ovvero ai tre imprenditori stranieri conniventi con la predetta azienda, che ne hanno poi ottenuto, a loro volta, l’incasso.
All’esito delle attività investigative la società trevigiana, peraltro non in regola con la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, è stata anche sottoposta a verifica fiscale per recuperare a tassazione i proventi illeciti conseguiti e per constatare l’emissione di fatture per operazioni economiche inesistenti in favore di alcuni soggetti giuridici trevigiani.