Montagna del Friuli senza sci, un danno da mezzo miliardo ma all’orizzonte ci sono gli indennizzi

I danni in Friuli per la montagna rimasta senza sci.

Non si spengono in Friuli i malumori per l’ennesimo rinvio all’apertura della stagione invernale. Piste e impianti, in regione, avrebbero dovuto riaprire venerdì 19 febbraio, ma dal governo è arrivato un altro stop. La nuova, ipotetica data, è quella del 5 marzo. Ma per molti non si partirà nemmeno, e l’inverno 2020/21 andrà in archivio con la montagna “chiusa per coronavirus” in Fvg.

I danni, diretti e indiretti, per l’ordinanza che ha bloccato l’attività sciistica “ammontano complessivamente a circa 500 milioni di euro soltanto per il Friuli Venezia Giulia”. A rivelarlo è il presidente della Regione Fvg, Massimiliano Fedriga, durante la trasmissione Radio Anch’io. In risposta all’obiezione secondo la quale la scelta sia arrivata a causa delle varianti del Covid-19, il governatore ha ribattuto che “lo studio sulle varianti è stato fatto su dati del 3 e 4 febbraio e dunque era noto già ad inizio settimana, non la domenica alle 19”.

A essere messi più in difficoltà di tutti sono stati gli operatori e le attività, che avevano già fatto gli ordinativi ed erano pronti ad aprire. Fedriga ha contestato “i tempi e i metodi” e ha chiesto “indennizzi immediati alle attività”.

Su questo fronte, potrebbero arrivare notizie positive dal nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi. Il neo ministro al turismo, Massimo Garavaglia, ha sottolineato che “il danno è legato a una scelta del Governo, e i danni vanno indennizzati, non bisogna parlare di ristori“.

Si parla, su scala nazionale, di mancati incassi e problemi dell’indotto pari a 4.5 miliardi di euro. “Era importante capire l’entità di questo danno e avere suggerimenti per dare una risposta concreta subito, già nel prossimo decreto ristori quinquies. Le prime risposte devono essere subito nel testo del decreto e non in sede conversione con emendamenti se no si perde altro tempo”, ha aggiunto il neoministro dopo la riunione con gli operatori, ribadendo poi che “nel prossimo decreto da 32 miliardi una quota andrà alla montagna, non penso ci siano problemi a capire l’entità di questo danno e di quello che va fatto”. Dopo tante beffe, ora gli operatori della montagna sperano in un pronto sostegno. Molti affrontano situazioni davvero difficili e più di qualcuno, soprattutto tra gli alberghi, rischia di chiudere.