Il Friuli Venezia Giulia tra le regioni più laboriose d’Italia: ecco dove si lavora di più

La classifica sulle regioni più laboriose d’Italia.

Il Friuli Venezia Giulia è tra le regioni più laboriose d’Italia: è quanto emerge dalla classifica stilata dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre sul numero medio di giornate lavorate in Italia nel 2023. Le province di Pordenone, Udine, Trieste e Gorizia si sono posizionate sopra alla media nazionale di 246,1 giornate, con numeri che testimoniano il grande impegno dei lavoratori nel nostro territorio.

Pordenone è tra le prime dieci province in Italia.

Con una media di 261,9 giornate lavorate, Pordenone conquista il nono posto nella classifica nazionale, affermandosi come uno dei territori con la più alta intensità lavorativa del Paese. Udine segue a ruota, con 253,9 giornate retribuite(29esima in Italia), e Trieste non è lontana con 252,7 (33esima), ben al di sopra della media nazionale. Anche Gorizia, pur leggermente sotto, si attesta su 247 giornate (44esima), comunque sempre al di sopra della media nazionale.

Le retribuzioni.

Dal punto di vista delle retribuzioni, i dati CGIA mostrano che la regione si colloca in una posizione intermedia: con una retribuzione media giornaliera di 94,93 euro e un salario annuo medio di 24.203 euro, il Friuli Venezia Giulia è appena sotto ai livelli del Veneto (24.493 euro) ma ancora distante da quelli della Lombardia (29.305 euro) o dell’Emilia-Romagna (25.486 euro). Ciononostante, i dati dimostrano che dove si lavora di più, si tende anche a guadagnare di più, come accade nelle province friulane.

La situazione in Italia.

Il rapporto CGIA fotografa un’Italia ancora fortemente divisa tra Nord e Sud — con un gap medio di 27 giornate lavorative in più al Nord e retribuzioni giornaliere superiori del 35%. Le regioni del Nord, forti di un tessuto industriale maturo, investimenti strutturati e presenza di imprese medio-grandi, mostrano numeri solidi in termini di giornate lavorate, salari e produttività. Al contrario, il Mezzogiorno resta imbrigliato in una spirale di lavoro intermittente, economia sommersa e bassi salari.

Nel 2023, il numero medio di giornate lavorate al Nord è stato pari a 255, contro le 228 del Sud. Un divario che non dipende dalla “voglia di lavorare” dei cittadini, ma piuttosto da fattori come la diffusione di contratti stagionali, il part-time involontario e la mancanza di occupazione stabile. A questi si somma l’incidenza dell’economia sommersa, che in molte aree del Meridione rimane fuori dalle statistiche ufficiali, pur rappresentando una fetta rilevante dell’attività lavorativa reale.

Le differenze sono evidenti anche nei salari: al Nord, la retribuzione media giornaliera è stata di 104 euro, mentre al Sud non ha superato i 77 euro. In alcune province meridionali, come Vibo Valentia, Nuoro o Trapani, i lavoratori percepiscono meno della metà rispetto ai colleghi di Milano o Monza-Brianza. Questo gap si riflette sul potere d’acquisto e sulle opportunità di crescita.

Eppure, non si tratta solo di una questione economica. La mancanza di un’adeguata contrattazione di secondo livello nel Mezzogiorno e l’assenza di incentivi strutturali per attrarre investimenti impediscono di colmare un divario che, anno dopo anno, si fa più profondo.