Una storia a lieto fine quella della giovane escursionista francese scomparsa per oltre 24 ore sui monti della Val Resia. Una vicenda che ha tenuto con in apprensione un’intera comunità e ha mobilitato decine di soccorritori. Ma soprattutto, un episodio che ha acceso una riflessione importante da parte della sindaca di Resia e presidente del Parco Naturale delle Prealpi Giulie, Anna Micelli.
Cosa è successo.
Una telefonata allarmata, giunta nel tardo pomeriggio di giovedì 14 agosto alla sede del Parco Naturale delle Prealpi Giulie, ha dato il via a una lunga e intensa operazione di soccorso. A chiamare è stata una giovane francese, preoccupata per l’amica, partita sola dalla Normandia per affrontare un’escursione sul Monte Banera, una vetta poco conosciuta che si erge nella dorsale del Chila, tra la Val Resia e la Val di Uccea.
Da oltre 24 ore la ragazza non dava più notizie di sé. Nessun messaggio, nessuna chiamata, nessuna posizione condivisa. Un silenzio che ha subito messo in moto la macchina dei soccorsi: il Soccorso Alpino, i Vigili del Fuoco – giunti da Pontebba, Gemona, San Daniele e Trieste con una squadra specializzata in droni – Carabinieri, Polizia Locale e numerosi volontari della zona. Le difficoltà non sono state poche: il territorio della Val Resia si estende su 119 km² e la zona del Monte Banera è accessibile anche dalla Val di Uccea, dove non esiste copertura telefonica.
Fondamentale si è rivelata la collaborazione della comunità locale. Alcuni cittadini hanno riferito di aver visto la ragazza, così come la gestrice del bar “Ta Stara Butea” a Stolvizza – tappa obbligata verso Malga Coot – che ha contribuito a ricostruire il suo possibile percorso.
Una notte di ricerche.
Le squadre di soccorso hanno passato l’intera notte a setacciare sentieri, piste forestali e strade secondarie, accompagnati anche da un volontario del posto. Ma nessuna traccia della ragazza né della sua vettura.
Alla mattina successiva , proprio mentre si parlava al telefono con il fidanzato della scomparsa, affiancati da una cittadina che fungeva da interprete, la giovane francese scomparsa si fa viva per telefono. Sta bene, conferma subito. Ma non sa dove si trova. Le si chiede se vede cartelli o persone nelle vicinanze: la risposta è sì. Le viene quindi chiesto di passare il telefono a qualcuno accanto a lei. Rispondono due signori, gentili e disponibili, di Tarcento. Viene loro chiesto di restare accanto alla giovane fino all’arrivo dei carabinieri.
Si scopre così che la ragazza si trovava nei pressi di Pian dei Ciclamini, nel comune di Lusevera. Spiega di non avere idea del luogo esatto in cui si trovasse, perché non riusciva ad accedere a Google Maps: la zona era priva di copertura.
La riflessione del sindaco di Resia.
Un finale felice, che però non cancella le ore d’ansia né lo sforzo collettivo messo in campo, ma che ci invita — come sottolinea la sindaca Micelli — a riflettere, ancora una volta, sul valore della responsabilità individuale e sulla necessità di affrontare la montagna con rispetto, preparazione e buon senso.
“Tutto è bene ciò che finisce bene – commenta Micelli – ma da amministratore sento il dovere di condividere alcune riflessioni. Il primo responsabile delle proprie azioni è la persona stessa, bisogna sentirsi responsabili delle proprie azioni in ogni situazione. Tu ti aiuti per primo”.
Un messaggio che non punta il dito, ma che chiarisce bene come le operazioni di soccorso non possano essere considerate un paracadute assoluto, né tanto meno un alibi. “Non sono i soccorsi ad aver fallito: i protocolli sono stati applicati, e lo scenario non lo decidono i soccorritori. In montagna, la tecnologia arriva solo dopo il buon senso. E dove la tecnologia non arriva, bisogna tornare a ciò che chi vive qui conosce bene: leggere i cartelli, chiedere informazioni, parlare con le persone.”
Micelli sottolinea come sia necessario non delegare sempre ad altri la gestione del pericolo o dell’imprevisto. Al contrario, è proprio chi si avventura in montagna a dover essere il primo a valutare, decidere, e se serve, chiedere aiuto. “Meglio una chiamata in più che una in meno, certo. Ma le responsabilità non vanno scaricate. Devono essere assunte. Questo non è uno slogan: è un valore.”
“Un ringraziamento infine a tutti i soccorritori che giorno e notte, 365 giorni all’ anno, si mettono a disposizione con professionalità e umanità per salvare vite umane. Spesso non li ringraziamo abbastanza”, conclude.