Le palestre e le piscine del Friuli replicano a Conte sul rischio chiusura: “Le nostre strutture sono sicure”

I titolari di piscine e palestre dopo il Dpcm di Conte.

Sono finite, loro malgrado, tra i “sorvegliati speciali” dal governo. Il premier Giuseppe Conte, illustrando i contenuti dell’ultimo Dpcm, ha incalzato palestre e piscine, dando loro una settimana di tempo per adeguarsi e rispettare tutti i protocolli di sicurezza. In caso contrario, è prevista la chiusura.

Una presa di posizione che ha scatenato malumori e apprensioni tra i gestori di queste attività. “È una situazione poco piacevole e già prima il periodo era complicato: i clienti, vedendo che seguivamo scrupolosamente i controlli, tornavano a fidarsi e a frequentarci. Con questa uscita, ora, si è rialzata la preoccupazione. Tant’è che molti hanno detto di essere incerti nel sottoscrivere un abbonamento da noi”. A parlare è Silvia Pesamosca, legale rappresentante dell’Asd Nuoto Gemonese che gestisce le piscine di Gemona e Magnano in Riviera. “Siamo delusi dalla situazione e dal tipo di comunicazione adottata – prosegue -. Diverse strutture sono state oggetto di controlli da parte dell’Azienda sanitaria e tutto è filato liscio. Noi adottiamo scrupolosamente le linee guida previste per il nostro settore non soltanto regionali, ma anche della Federazione italiana nuoto. E poi, in acqua c’è il cloro: cosa chiederci di più?”. Le due piscine hanno già da maggio adottato le varie misure previste, dai “bollini” a terra per il distanziamento ai termoscanner per misurare la temperatura, oltre alla sanificazione degli armadietti dopo ogni utilizzo. “Se ci daranno qualche altra regola la seguiremo – conclude Pesamosca – ma non ci piace il messaggio dato: fare sport non è pericoloso, anzi c’è la massima sicurezza. Molto più che in altri contesti”.

Più sereno, ma non per questo senza preoccupazioni, è Lorenzo Dri. Nel 1986 ha creato Fitness Island a Udine, una palestra da 1.500 metri quadrati in via Viola. La sua attività, fin da prima che arrivasse il Covid, ha precorso i tempi, introducendo per esempio lezioni online. “Proprio per questo, durante il lockdown abbiamo lavorato abbastanza bene. Certo, nemmeno ora la situazione era tornata quella esistente prima del coronavirus, ma abbiamo retto”. E Fitness Island ha adottato tutti i protocolli possibili, anzi anche qualcuno in più: si è dotato di sovrascarpe e appositi sacchetti per riporre i vestiti negli armadietti “e la nostra pulizia – aggiunge Lorenzo – è scrupolosissima: consumiamo 20 rotoloni di carta ogni due settimane!”. La palestra aveva anche ridotto la capienza addirittura a meno di quanto la legge prevedesse. E così, oggi è frequentata anche da tanti clienti anziani, quelli potenzialmente più vulnerabili al Covid.

Nelle strutture sono già partiti i controlli dei Nas “ed è giusto così – dice Dri – perché va a tutto vantaggio di chi lavora bene. Ma non troverei giusto che, per pochi che attuano comportamenti scorretti, ne pagassero le conseguenze tutti. Purtroppo la gente ha paura e trovo giusto “esagerare” con la prevenzione”. Dall’imprenditore arriva poi un altro messaggio: “Hanno puntato il dito contro le palestre, quando tanti studi, in Italia e non soltanto, hanno dimostrato che il numero di contagi è inferiore alla media di altre situazioni – conclude Lorenzo -. Bisogna ricordarsi, invece, che uno dei metodi più potenti ed efficaci per tenersi in salute è fare sport. E farlo in sicurezza, come nelle nostre strutture”.

“Come gestori in prevalenza di piscine e palestre, siamo molto turbati dalla finestra di monitoraggio di una settimana concessa a quei centri che ancora non si sono allineati ai protocolli. È nostro interesse far adeguare chi non è a norma e noi stessi saremo in prima linea per vigilare sui nostri associati. Il rischio concreto, però, è che un intero comparto possa pagare a causa di pochi. Ciò recherebbe al settore un danno incalcolabile“. È il parere di Agisi (Associazione Gestori Impianti Sportivi Italiani) e Ciwas (Confederazione Italiana per il Wellness e Attività Sportive per la Salute). “Già oggi – concludono i due sodalizi – l’impiantistica sportiva accusa un calo medio del 50% per iscrizioni e fatturato. Molti hanno già aderito ai finanziamenti del Fondo di Garanzia ma un nuovo lockdown provocherebbe un’autentica catastrofe. Qualora ci fosse una nuova stretta, con garanzia d’uso degli impianti solo per gli agonisti, non ci sarebbero le condizioni minime per tenere aperti i nostri centri. Di conseguenza l’intero sistema andrebbe a collassare”.