Automazione e intelligenza artificiale, in Fvg quasi un lavoratore su 3 è a rischio

Robot arm in a factory working for the humans

Con l’automazione cambia anche il mondo del lavoro: serviranno nuove competenze.

Il Friuli Venezia Giulia è tra le cinque regioni italiane “con il maggior addensamento di occupati in settori ad alto rischio automazione”: 106.157 lavoratori, pari al 29,3% degli occupati. È il primo dato che emerge dall’analisi compiuta dall’Ufficio studi Confartigianato nazionale in collaborazione con l’Osservatorio Mpi Confartigianato Lombardia sul 25° report Intelligenza artificiale, lavoro e imprese.

È un fenomeno che riguarda anche le piccole e medie imprese, incluse quelle artigiane. “È un dato che evidenza come sul mercato del lavoro cambierà il contenuto delle posizioni lavorative – commenta il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti – e si attiverà una consistente domanda di formazione e riqualificazione dei lavoratori”. Il processo, per altro, è già in atto e “ciò che rileviamo – continua Tilatti – è che l’automazione non toglie posti di lavoro, ma richiede nuovi profili. La sfida per imprese e lavoratori e quella della formazione, sia per chi fa impresa, sia per chi vi opera“.

Servono nuove competenze.

L’indagine mette in evidenza che l’IA diventa intelligenza artigiana, “sarà cioè necessario – aggiunge Tilatti – proseguire sul riposizionamento dell’impresa, la definizione di programmi di formazione lo sviluppo di specifiche competenze che già molti imprenditori artigiani hanno iniziato a fare in questi anni, come dimostra il successo che ha avuto il corso di alta formazione che è stato attivato con l’Università di Udine”.

Se l’IA infatti, può fornire supporto a competenze quali il riconoscimento delle opportunità, le conoscenze economiche finanziarie, la pianificazione, la gestione aziendale e i processi learning by doing, “l’intelligenza dell’imprenditore rimane essenziale per le competenze relative a visione, creatività, pensiero etico e sostenibile, motivazione e perseveranza, mobilitazione delle persone – sostiene Tilatti -, oltre a risultare decisiva per affrontare l’incertezza, l’ambiguità e il rischio”. In sostanza, “le competenze dell’intelligenza artigiana sono essenziali per cogliere i vantaggi della digitalizzazione nei processi aziendali“.

L’indagine e i settori ad alto rischio.

L’indagine ha individuato 20 settori ad alto rischio automazione: attività legate alla ristorazione; fabbricazione di prodotti in metallo; trasporto terrestre mediante condotte; servizi per edifici e paesaggio; industrie alimentari; abbigliamento; fabbricazione di auto; raccolta rifiuti e recupero materiale; fabbricazione apparecchi elettrici per uso domestico; fabbricazione di oggetti in vetro e ceramica; servizi postali e attività di corriere; industrie tessili; legno e prodotti in legno; stampe e riproduzioni; fabbricazione di carta e prodotti di carta; estrazione di minerali; industria del tabacco. Distribuendo la tipologia delle aziende in questi settori, si evince che il 14,8% di quelle artigiane è coinvolta in un processo ad alto impatto di IA e ben il 63,2% delle medie e piccole imprese.

In Italia il 25,4% dei nuovi lavoratori nel 2022 è stato esposto all’IA con un indice superiore alla media, una percentuale che scende leggermente (23,2%) in Friuli Venezia Giulia. In pratica, quasi un quarto di coloro che hanno cominciato a lavorare l’anno scorso ha dovuto misurarsi con le conoscenze e le abilità che richiede l’intelligenza artificiale.

Il report individua le tecnologie digitali che sono strettamente integrate con i processi gestiti da IA: Iot, cioè Internet delle cose, cloud computing e big data. Le piccole imprese italiane usano tecnologie Iot nel 30,5% dei casi, il Cloud computing nel 50,4%, mentre la capacità di elaborazione dei big data riguarda per ora solo il 7,3% delle piccole imprese.

I dati in Friuli Venezia Giulia.

In Friuli Venezia Giulia le imprese che hanno investito in Intelligenza artificiale nel 2018 rappresentavano il 7,9% del totale, una percentuale che scende al 6,3% se si contano solo le piccole imprese. Le percentuali erano però doppie alla voce “imprese che prevedono di investire”, diventando il 16,3% delle aziende nel complesso e il 13,9% tra le piccole imprese. Chi ha investito di più in IA sono le imprese del manifatturiero (9,6%), seguite da commercio (5,6%) e da servizi con un 4,9 per cento.