Nonostante la rinuncia all’appello da parte dell’imputato, la Procura generale di Venezia chiede il riconoscimento delle aggravanti escluse in primo grado.
Si aprirà il prossimo 14 novembre nell’aula bunker di Mestre il processo d’appello a Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò (Venezia).
Nonostante Turetta, 23 anni, avesse rinunciato formalmente a impugnare la sentenza — dichiarando in una lettera alla Corte d’Assise di accettare l’ergastolo e di non voler chiedere attenuanti — la Procura generale di Venezia ha deciso di andare avanti con l’appello. L’obiettivo è ottenere il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking, escluse in primo grado dalla Corte d’Assise di Venezia.
La sentenza del 3 dicembre 2024 aveva infatti riconosciuto a Turetta le aggravanti della premeditazione e del legame affettivo con la vittima, oltre ai reati di sequestro di persona e occultamento di cadavere, ma non aveva ravvisato gli elementi necessari per configurare la crudeltà e la condotta persecutoria continuata.
La pena non cambierà.
Dal punto di vista pratico, la pena non cambierà: l’ergastolo è già la massima sanzione prevista dal codice penale. Tuttavia, l’eventuale riconoscimento delle nuove aggravanti avrebbe un forte valore simbolico e giuridico, sottolineato dai legali della famiglia Cecchettin, costituitisi parte civile nel processo.
Secondo la Procura, la ricostruzione dei fatti — dall’agguato alla fuga fino al ritrovamento del corpo della giovane in Friuli — mostrerebbe una condotta caratterizzata da ferocia e accanimento, elementi che giustificherebbero la richiesta di aggravamento.




