In Friuli è boom di incidenti in montagna dopo il lockdown, i consigli del Soccorso alpino: “Mai sottovalutare i rischi delle escursioni”

Triplicati gli incidenti in montagna rispetto al 2019.

Dalla fine del lockdown, il “libera tutti” ha provocato un vero e proprio boom di incidenti in montagna. Lo confermano i numeri: dal 3 maggio al 2 giugno, il Soccorso alpino regionale è dovuto intervenire per 36 volte per aiutare chi si trovava in difficoltà. Nello stesso periodo del 2019 lo aveva fatto in 13 circostanze. E bisogna tenere conto che il dato 2020 comprende soltanto escursionisti friulani, visti i confini chiusi non soltanto con i Paesi vicini, ma anche con le altre regioni italiane.

Insomma, sarà per la “reclusione forzata” dovuta al coronavirus, ma sentieri e cime sono stati presi d’assalto. E le possibilità di andare incontro a una disavventura si sono moltiplicate. Quali le motivazioni? “Non possiamo fare un’analisi scientifica del perché sia accaduto, ma a sensazione il numero di incidenti è stato provocato proprio dall’enorme massa di persone in circolazione per le montagne. L’ho potuto verificare anche con i miei occhi, durante un’escursione. Più gente c’è, più sale la probabilità che accada qualcosa”. A parlare è Sergio Buricelli, dal febbraio 2019 presidente del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico del Fvg (Cnsas Fvg). Una realtà che in regione conta 10 stazioni della delegazione alpina e 4 di quella speleo. I soccorritori totali sono circa 370, suddivisi tra alpini (304), speleo (55 tecnici) e 14 aspiranti nella parte alpina.

Presidente, la lunga inattività può aver inciso?

“Certamente. Quando c’è stato il “libera tutti”, moltissimi sono voluti tornare subito in montagna. Però, dopo una pausa forzata mancano l’abitudine a muoversi su terreni magari impervi, e per forza di cose anche l’allenamento. Questo incide non poco”.

È questione, talvolta, anche di sottovalutazione delle situazioni?

“Nessuno è immune da rischi. L’ambiente naturale ha delle caratteristiche tali da contenere pericoli oggettivi praticamente ovunque. La differenza tra pericolo e rischio dipende dai nostri comportamenti”.

Che consigli si sente di dare a chi si muove per un’escursione?

Bisogna anzitutto pianificare al meglio, partendo dal meteo. È necessario reperire informazioni da fonti attendibili, come guide alpine, accompagnatori di media montagna e bollettini meteo istituzionali. Si deve scegliere il sentiero informandosi preventivamente, studiando l’itinerario. È sempre meglio camminare in compagnia. Anche i percorsi più semplici non vanno mai sottovalutati: tempi, dislivelli, difficoltà, altitudine devono essere adeguati alla preparazione di tutti coloro che partecipano all’escursione. È necessario, poi, imparare a leggere le mappe e seguire i segnavia senza uscire dai tracciati: anche così si rispettano l’ambiente e le persone che si incontrano. Uno zaino ben preparato deve contenere tutto ciò che è necessario, senza esagerare con il peso: ci devono essere indumenti di ricambio, cibo ma soprattutto bevande. Si devono osservare le variazioni meteo e tenere sotto controllo la stanchezza: bisogna essere pronti a ritornare prima che sia troppo tardi”.

Conta anche la scelta dell’itinerario?

“È basilare. Le escursioni vanno scelte in base alla propria preparazione tecnica e condizioni psicofisiche. Non va tralasciato, anzi, l’abbigliamento adatto: in montagna si verificano cambi repentini del tempo e il temporale è dietro l’angolo. Il maltempo può portare seri problemi e un banale incidente può sfociare nell’ipotermia. Non bisogna cadere nell’errore di pensare “è estate, fa caldo”. Non è così. Sull’abbigliamento, consiglio sempre buon senso. Per esempio, non sempre si devono indossare per forza degli scarponcini, ma vanno benissimo anche buone calzature da trekking”.

E a livello di comunicazione?

È fondamentale avvisare qualcuno sull’itinerario che si vuole seguire e sulla destinazione prefissata. Importante anche comunicargli di aver fatto rientro. Spesso veniamo allertati, ma senza informazioni attendibili e precise rischiamo di brancolare nel buio, perdendo tempo prezioso. Sono importanti le tecnologie, dal Gps alle App per lanciare l’allarme. Ma le regole tradizionali che si utilizzano da sempre in montagna non vanno mai dimenticate. Il telefono cellulare può essere utile, ma non va dimenticato che in montagna spesso non c’è campo”.

Voi, come Cnsas Fvg, puntate molto sulla prevenzione per scongiurare problemi.

“È così. Organizziamo serate e appuntamenti di divulgazione delle informazioni, diffondendo cultura della prevenzione e sensibilità verso queste tematiche. Il progetto “Sicuri in montagna” sta dando buoni risultati. Molto utile, infine, anche la meritoria attività di formazione e divulgazione del Cai, che da sempre organizza corsi di avvicinamento all’escursionismo, vie ferrate, all’alpinismo e sci alpinismo”.