Calano le assunzioni nel privato in Friuli Venezia Giulia

Nel 2023 il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è diminuito del 2,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (circa 4.200 in meno). L’ex provincia di Pordenone presenta il passivo più consistente (-6,4%), seguita da Udine (-4,9%). L’area giuliana e quella isontina mostrano al contrario delle dinamiche positive (rispettivamente +3% e +3,7%). Lo rende noto il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo che ha rielaborato dati Inps.

Le tipologie contrattuali.

Il risultato del 2023 è stato condizionato dalla pesante flessione del numero di nuovi contratti di lavoro in somministrazione (-13,8%, pari a oltre 4.500 unità in meno), connessa verosimilmente al rallentamento di molte attività manifatturiere nelle province di Udine e Pordenone (in quelle di Gorizia e Trieste la variazione è stata, invece, decisamente positiva). Le assunzioni a tempo indeterminato evidenziano una contrazione, sebbene più contenuta (-3,8%, 890 in meno), ad eccezione della provincia di Trieste (dove si registra un incremento pari a +2,3%). Degna di nota anche la diminuzione del numero di nuovi rapporti di lavoro in apprendistato, rivolti alle persone più giovani (-8,3%, pari a -611, che si riscontra in tutto il territorio regionale). Al contrario si rilevano significativi incrementi per i contratti di lavoro intermittente (+8,5% in regione e +21,1% in provincia di Pordenone), molto utilizzati nell’ambito dei servizi di alloggio, ristorazione e nel commercio al dettaglio. Risulta sostanzialmente stabile l’andamento delle assunzioni a tempo determinato e di quelle stagionali (+0,5% in entrambi i casi).

I rapporti in somministrazione.

Nel 2023 si può rilevare una diminuzione delle nuove assunzioni in somministrazione in quasi tutte le regioni italiane (la variazione complessiva è pari a -6,5%), con le eccezioni del Lazio (+7,1%) e della Puglia (+8%). Il Fvg è una delle regioni dove tale andamento è stato particolarmente negativo e concentrato solo nelle province di Udine (-22,9%) e Pordenone (-19,4%). Si tratta di una tipologia contrattuale in cui un’impresa appositamente autorizzata assume i lavoratori perché vengano impiegati temporaneamente in altre aziende. Nel periodo considerato le assunzioni in somministrazione sono diminuite soprattutto per quanto riguarda la componente femminile (-17,7%, contro -10,5% degli uomini).

La flessione ha, inoltre, riguardato in misura maggiore i lavoratori italiani (-14,9%, contro -11,9% degli stranieri). I nuovi rapporti di lavoro degli over 50 sono diminuiti in misura inferiore (-8,8%) rispetto alle altre classi di età. Per quanto concerne infine le tipologie contrattuali, si rileva una flessione meno pronunciata delle assunzioni in somministrazione a tempo indeterminato (-10,9% contro -14% di quelle a tempo determinato). Si tratta del cosiddetto staff leasing, un fenomeno in crescita negli ultimi anni, anche se riguarda ancora un numero relativamente limitato di lavoratori. Nel 2022, ultimo dato disponibile, erano poco più di 4.700 in regione, su un totale di circa 32.000 lavoratori somministrati; solo quattro anni prima, nel 2018, erano meno di un terzo (circa 1.300).

Le dimissioni volontarie.

Nel 2023 le cessazioni dei rapporti di lavoro sono diminuite in maniera ancora più consistente delle assunzioni (da 156.591 a 148.846, pari a -4,9%). Le dimissioni volontarie dei lavoratori costituiscono la motivazione di gran lunga principale dell’interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato, a partire dal 2021 la loro incidenza supera stabilmente il 75% e nel 2023 è risultata pari al 77,8% (anche se si è verificata una lieve diminuzione in termini assoluti, pari a -2,2%). Le cessazioni di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40% nel 2014 a valori vicini al 10% negli ultimi anni. Nel tempo è invece aumentata l’incidenza dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5% del totale nel 2014, all’attuale 5,3%).