La centrale A2A di Monfalcone pronta a ripartire con il carbone, l’allarme di Legambiente

La centrale A2A di Monfalcone.

La possibile riapertura della Centrale A2A di Monfalcone con l’alimentazione a carbone accende subito la polemica. “È la più evidente dimostrazione dell’inadeguatezza di questo governo e di quelli che lo hanno preceduto nel garantire un percorso efficace e credibile nella transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili”, attacca Legambiente Fvg.

La centrale di Monfalcone ha una potenza installata di 336 mw con due sezioni termoelettriche convenzionali con potenza di 165 e 171 mw. Una riconversione su cui si dibatte da tempo e che ora potrebbe avere una nuova battuta d’arresto proprio a causa della guerra in Ucraina e del paventato ritorno al carbone. “In Italia ci vogliono in media sette anni per autorizzare un nuovo grande impianto a fonti rinnovabili, il caso peggiore di burocrazia in Europa – ricorda Legambiente -. Se si procedesse immediatamente ad autorizzare almeno un terzo delle domande di allaccio alla rete già presentate a Terna, pari a 60 GW, come richiesto da “Elettricità Futura” (la principale associazione del mondo elettrico italiano) e da “Utilitalia” (a federazione delle Aziende speciali operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas), si potrebbe davvero fornire un grande contributo a risolvere la crisi energetica del Paese, risparmiando 15 miliardi di metri cubi di gas fossile, ovvero il 20% delle importazioni”. Per questo motivo Legambiente ha chiesto al sindaco di Monfalcone, Anna Cisint ed al Presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, “di testimoniare la propria contrarietà al Governo per questa possibile operazione, che riporterebbe l’Italia indietro di anni”.