Lavoro nero e sfruttamento a Pordenone: la scoperta dopo un infortunio.
Un imprenditore egiziano titolare di una ditta edile è stato condannato dal Tribunale di Pordenone, a seguito di patteggiamento, per aver impiegato per oltre un anno un lavoratore clandestino in condizioni di sfruttamento.
Le indagini erano scattate nel maggio 2021, a seguito di un malore accusato dal lavoratore durante un cantiere a Caorle (VE). In quell’occasione erano intervenuti sanitari e tecnici della prevenzione dell’Azienda Sanitaria, allertati da persone presenti sul posto. Inizialmente il datore di lavoro aveva mostrato una documentazione che attestava la regolare assunzione del dipendente, formalizzata proprio a partire da quel giorno.
Successivamente, la Procura di Pordenone ha affidato il caso al Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro, scoprendo che l’assunzione era stata formalizzata online appena 30 minuti dopo l’intervento dei sanitari, e che il lavoratore, cittadino marocchino, era privo di permesso di soggiorno. In realtà, il rapporto di lavoro era iniziato oltre un anno prima, con il lavoratore impiegato in diversi cantieri tra Pordenone, Udine e Venezia.
Durante tutto il periodo, il dipendente era costretto a vivere in un’abitazione condivisa con altri operai e riceveva una paga di appena 150 euro al mese, non sufficiente a coprire le necessità minime. Gli era stato promesso il regolare inquadramento una volta ottenuto il permesso di soggiorno, ma nel frattempo lavorava senza tutele fondamentali: niente formazione, visita medica preventiva o dispositivi di protezione individuale adeguati.
Alla luce delle prove raccolte, testimonianze incluse, l’imprenditore ha patteggiato 1 anno e 2 mesi di reclusione. In precedenza erano già state comminate sanzioni amministrative per oltre 50.000 euro per violazioni legate al lavoro nero.




