La cattura, l’anello alla zampa e i guadagni: come funzionava il traffico degli uccelli in Friuli

Come funzionava il traffico illegale di uccelli da richiamo.

Un guadagno da molte migliaia di euro, secondo gli investigatori, quello del presunto traffico illegale di uccelli da richiamo che vede indagati anche due allevamenti del Friuli.

Dalle indagini è infatti emerso che nel periodo della migrazione, in una nottata, i bracconieri potevano catturare con reti e richiami elettronici decine di uccelli che venivano poi rivenduti ai cacciatori, una volta “legalizzati” con gli anelli apposti in maniera fraudolenta, a prezzi ragguardevoli. A seconda della tipologia di richiamo, potevano arrivare a 180 euro per i merli, a 200 euro per i tordi bottacci, ed a un prezzo ancora più elevato per le cesene.

Per comprendere il volume di denaro collegato alla presunta attività illecita, basti pensare che uno degli indagati (nel corso delle intercettazioni telefoniche) ha addirittura affermato “abbiamo fatto 600 una volta”, riferendosi al numero di uccelli catturati in una sessione di uccellagione. Per far sì che gli uccelli catturati divenissero all’apparenza “regolari” venivano eseguite a volte operazioni che andavano a minare la salute degli stessi. Diversi volatili sequestrati recavano infatti, oltre che i segni causati dalla cattura con le reti, delle lesioni come conseguenza dell’apposizione dell’anello forzato sulla zampa.

Quello smascherato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Urbino attraverso l’attività di indagine portate avanti dai Carabinieri Forestali si è rivelato essere un sistema ben articolato e organizzato composto da soggetti che avevano mansioni ben specifiche: alcuni con il compito di eseguire le catture illegali durante le ore notturne e altri, vari allevatori o commercianti, che invece regolarizzavano gli uccelli apponendo falsamente gli anelli identificativi attestanti la nascita in cattività degli animali, spesso poi acquistati da cacciatori del tutto ignari delle illegalità commesse a monte della vendita.

Le perquisizioni.

Le perquisizioni effettuate presso i due allevatori residenti in provincia di Udine sono state eseguite dai Carabinieri Forestali del Nucleo Carabinieri Cites di Trieste e dal centro carabinieri Anticrimine Natura di Udine. Perquisizioni anche per tre soggetti residenti in provincia di Forlì-Cesena, tra i quali un allevatore, e un commerciante residente in provincia di Pesaro e Urbino.

Nel corso delle attività di perquisizione per l’accertamento dei fatti, son state sequestrate anche 4 pinze utilizzate per alterare gli anelli metallici di identificazione degli uccelli, numerosi anelli metallici alterati, 6 telefoni cellulari, n. 8 pali utilizzati per fissare reti da uccellagione, 11 richiami elettronici vietati oltre a n. 2 autoradio collegate ciascuna ad una coppia di altoparlanti, 10 altoparlanti, 12 picchetti idonei a fissare reti da uccellagione, 2 cassette per il trasporto di richiami vivi, oltre a cospicua documentazione attestante le cessioni degli animali.

Alcuni degli indagati hanno presentato istanza di riesame dei provvedimenti di sequestro presso il Tribunale di Urbino, istanze successivamente rinunciate. Il fascicolo si trova in fase di indagine.

I carabinieri invitano tutti i cittadini e specialmente a cacciatori che acquistano richiami vivi, di verificare preventivamente la provenienza e la corretta marcatura degli animali oggetto di compravendita, al fine di evitare truffe o frodi. Si raccomanda di segnalare alle Forze dell’Ordine ogni episodio riconducibile al traffico di avifauna selvatica.

Il video.

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