Sono riprese nel pomeriggio di ieri le indagini sull’efferato omicidio di Alessandro Venier, il 35enne ucciso a Gemona del Friuli. A tornare sulla scena del crimine, nella villetta di via dei Lotti al civico 47, sono stati gli uomini del Reparto investigazioni scientifiche (Ris) di Parma, accompagnati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Udine. Un intervento delicato e tecnicamente complesso, considerato un passaggio cruciale nelle indagini.
Il ritorno sulla scena del crimine
I rilievi sono iniziati intorno alle 18.30. Prima di accedere all’abitazione, è stato necessario l’intervento degli artificieri per bonificare l’area: Alessandro, noto per la sua passione per le armi e i residuati bellici, avrebbe potuto conservare ordigni potenzialmente pericolosi nella casa.
Solo una volta messa in sicurezza la scena, gli investigatori hanno potuto iniziare la loro meticolosa ricerca: tracciamento di sangue invisibile, analisi del DNA, uso di luminol, scanner e laser per individuare anche le più piccole tracce biologiche. L’obiettivo: verificare la veridicità della confessione resa da Lorena Venier, 61 anni, madre della vittima, accusata insieme alla compagna di Alessandro, la trentenne colombiana Mailyn Castro Monsalvo, di omicidio volontario pluriaggravato, vilipendio e occultamento di cadavere.
Le parole dell’indagata e i dubbi degli investigatori
Secondo quanto dichiarato da Lorena davanti al PM e al giudice per le indagini preliminari, il delitto sarebbe avvenuto proprio in una delle stanze della villetta, dove Alessandro sarebbe stato sedato con narcotici e insulina, quindi soffocato, fatto a pezzi e occultato in un bidone riempito di calce viva. I Ris stanno cercando conferme scientifiche a questa ricostruzione o che possano chiarire con certezza cosa è successo nella villetta.