L’aneddoto di Renzo Arbore sulla canzoncina imparata dalla balia friulana.
Una voce dolce, una ninnananna friulana, la paura dei bombardamenti. È così che il piccolo Renzo Arbore, futuro genio della radio, della televisione e della musica italiana, imparava a sfidare il terrore della guerra durante le notti passate nel rifugio di Palazzo Arbore, a Foggia, grazie alla sua balia friulana.
Nell’intervista concessa al Corriere della Sera, Arbore – che oggi ha 88 anni – ha rivelato un dettaglio inedito e sorprendente delle sue origini emotive: durante i raid aerei della Seconda Guerra Mondiale, mentre Foggia veniva rasa al suolo dalle “fortezze volanti” alleate, lui, ancora bambino, intratteneva i rifugiati cantando La bela Gigogin e le vecchie canzoncine in dialetto friulano, imparata dalla sua tata del Nordest.
“Papà mi incaricava di distrarre la gente – racconta Arbore – con La bela Gigogin e le canzoncine che mi aveva insegnato la mia balia friulana”:
“La bela pupa a la finestra l’è tutta incipriata
la dis, la dis la dis che l’è malada per non mangiar polenta
se vol, se vol se vol aver pazienza
lassala maridar…”
Parole semplici, ma cariche di nostalgia, capaci di portare un sorriso tra le lacrime in una cantina buia, dove la gente pregava a voce sempre più alta per coprire il rombo degli aerei. Un legame fortissimo, quello di Arbore con le tante Italie che lo hanno cresciuto: la Puglia delle sue origini, la Napoli dell’università e della musica, la Roma dello spettacolo… e il Friuli, che irrompe all’improvviso, inatteso, proprio nel suo ricordo più arcaico, più fragile, più umano.




